PSICOLOGIA SOCIALE: il concetto di sé (schemi di sé e sé possibili) e l'effetto autoreferenziale

Quanto siamo importanti per noi stessi?

Ciò che si risponde alla domanda "Chi sono io?" definisce il concetto di sé.
Il sé, perciò, è la somma degli attributi che noi riferiamo a noi stessi e, in parole ancora più semplici, è ciò che noi pensiamo di essere.
Es.: "Io penso di essere un ragazzo carino, abbastanza simpatico, un po' timido, intelligente e sportivo".

Il Twenty Statements Test (TST) di Khun e McPortland (1954) consiste in 20 frasi autodescrittive (io sono... x20 volte) da completare pensando a sé stessi ed è uno strumento utile a identificare il proprio (se somministrato a sé stessi) o l'altrui (se somministrato ad altri) concetto di sé.
Tale test è basato sull'assunto della self-theory, secondo la quale i comportamenti delle persone sono prevedibili sulla base della descrizione che esse danno di sé stesse, perciò se una persona dice di essere simpatica (concetto di sé) è probabile che faccia battute spiritose (comportamento).

Gli elementi del concetto di sé, ovvero gli attributi che riferiamo a noi stessi, vengono definiti schemi di sé e, oltre a definirci, influenzano l'elaborazione delle informazioni importanti per il sé. Questo significa che se, ad esempio, una persona si definisce molto sportiva, allora tenderà a notare il corpo e la prestazione atletica degli altri (ovvero la sportività degli altri) e a ricordare meglio fatti e persone legate allo sport.
Il concetto di sé, però, non include solo gli schemi di sé, ma anche i sé possibili, ovvero ciò che desideriamo o temiamo diventare in futuro. I sé possibili sono il sé futuro desiderabile, cioè ciò che desideriamo diventare (ad es. psicologa), e il sé futuro temuto, cioè ciò che abbiamo paura di diventare (ad es. disoccupata).
I sé possibili (fantasticare sul proprio futuro o avere paura del proprio futuro) non sono inutili, poiché possono offrire la motivazione necessaria per diventare ciò che si vuole e per evitare ciò che non si vuole. I sé possibili, perciò, muovono dei comportamenti.

Ora che abbiamo definito il concetto di sé e presentato uno dei suoi strumenti di identificazione (il TST), ritorniamo alla domanda iniziale: quanto siamo importanti per noi stessi? Quanto il nostro sé è importante per noi?
Il sè è l'aspetto più importante di una persona e influenza persino la memoria.
Questo fenomeno che connette sé e memoria è chiamato effetto autoreferenziale ed è la tendenza ad elaborare e ricordare meglio le informazioni relative a noi stessi.
Ad esempio: se parliamo con un amico, due giorni dopo ricorderemo meglio ciò che l'amico ha detto di noi rispetto alle altre cose di cui abbiamo parlato. Questo accade proprio perché noi siamo il nostro interesse principale.
L'effetto autoreferenziale è innato nell'uomo e fa sì che noi tendiamo a considerare noi stessi anche al centro dell'attenzione altrui (leggi l'articolo in cui ne parlo: effetto spotlight e illusione di trasparenza).


BIBLIOGRAFIA:
Psicologia sociale, David  G. Myers, McGraw-Hill, 2013

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